La “modalità Sinner”
Nel mentre degli “Australian Open”, butti distrattamente un occhio sul secondo turno del torneo. Sinner perde malamente il primo set 6-4 contro il giocatore di casa Tristan Schoolkate, con un impietoso 0-40 al termine della partita.
Dove partono i “mind games” e il resto della storia è soltanto qualcosa di slegato dai risultati. Quando reputare un giocatore vincente. Oppure, quando l’origine di una vittoria come per altri casi dello sport risiede banalmente nei momenti difficili di un incontro o di una partita. Ecco, dove ti accorgi risieda la grandezza del successo e dei trionfi. Nelle piccole cose a cui nessuno tendenzialmente è portato a dare importanza. Magari, perché difficili da cogliere, oppure più semplicemente, non per tutti.
Aspetti l’inizio del secondo set e per Sinner le difficoltà sembrano le stesse. Con Schoolkate in stato di grazia, cui sembra riuscire tutto. È proprio sul finire della seconda frazione, che ogni cosa invece, silenziosamente percepisce un cambio di rotta. Nel momento in cui Sinner fa un passo fuori dal campo e prende spazio dai colpi del giocatore australiano. Certo, silenziosamente. In una lettura dei movimenti del corpo in cui i colpi da imprimere con la propria pallina alla racchetta non sono visibili o percettibili. Un anticipo del pensiero che ha fatto perdere la prima partita a Jannik, ma che risolutamente da quel momento in poi non ha lasciato scampo al giocatore australiano. Uno studio dell’imprevedibilità cui porre rapidamente rimedio, senza lasciare scampo all’avversario. Una “modalità Sinner” che è prima di tutto un atteggiamento mentale. Un adattarsi alla situazione avendo la capacità di leggerla con attenzione, per volgere infine il tutto a proprio favore. Capiterà che vi siano partite in cui il risultato non sarà sempre a proprio favore, ma a 23 anni con una simile attitudine mentale, hai almeno oltre un decennio da poter dedicare ad altissimi livelli alla tua disciplina. Sinner non è vincente per la rapidità del proprio polso, ma di pensiero. La stessa che non lo ha fatto arretrare di un millimetro di fronte alle lungaggini della Wada, e di situazioni che avrebbero potuto fiaccare la mente di tanti.
Improvvisare.
Adattarsi.
E raggiungere lo scopo. Come un qualsiasi Gunny Highway della racchetta. Da perfetto sergente istruttore dei marines, che in vita sua ne ha viste troppe per lasciarsi intimorire del primo imprevisto sul campo. Non un soldato e nemmeno una semplice macchina. Quando per raggiungere quel maledetto scopo devi innanzitutto sopravvivere su di un campo da tennis.
In Sinner tutto questo è molto di più. È la ragione di un gioco in cui il cervello osservando, può tutto.
Sopra ogni altra cosa.
Foto Fabio Casadei
Emiliano Tozzi
giovedì 23 gennaio 2025