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L'alluvione del maggio 2023 in Romagna: un disastro mai visto prima

Articolo a cura di Marco Viroli e Gabriele Zelli

L'alluvione del maggio 2023 in Romagna: un disastro mai visto prima

Nei giorni scorsi Forlì e la Romagna tutta hanno vissuto il momento più drammatico della loro storia recente, dal passaggio del fronte durante la Seconda guerra mondiale. Va sottolineato innanzitutto il cordoglio per le vite umane perse in questa tragedia. Una tragedia per fortuna annunciata, ma non certamente prevedibile nei suoi esiti e nella sua gravità.

. Martedì 16 maggio, una valanga d'acqua senza precedenti si è riversata dal cielo su territori tra loro contigui, ma molto diversi per caratteristiche geologiche e per il livello di antropizzazione. Molte zone collinari in cui l'uomo nei decenni passati è intervenuto oltre misura sono franate, così come le zone dell'entroterra collinare a monte delle quali vi sono boschi robusti e incontaminati. I fiumi sono straripati dove argini fragili si elevano rispetto al terreno circostante e alle tante abitazioni che sono state costruite nei pressi e lo stesso è avvenuto, con uguale violenza, in zone in cui i tanti fiumi che attraversano la Romagna scorrono in alvei più profondi che apparivano sicuri e immuni da qualsiasi rischio. Un disastro senza precedenti che nessuno era in grado di prevedere in tale portata né si può ora capire se e quando si potrà verificare di nuovo in futuro. Al tempo stesso nessuno oggi è in grado di stabilire quando si potrà tornare alla normalità nelle zone colpite.


Le zone più colpite a Forlì
Danni ingenti sono stati causati dall'alluvione del fiume Montone in un'area molto ampia della città, in particolare nei quartieri di Schiavonia, Romiti, Cava, San Benedetto, San Tomè, Roncadello, San Martino in Villafranca e Villafranca. Altri danni sono stati provocati dal Ronco, sia dalla tracimazione dello stesso corso d'acqua in più punti sia perché il fiume non era in grado di assorbire l'acqua che proveniva da canali e fossi di scolo a esso collegati. In questo caso le zone maggiormente colpite sono state: la località La Grotta, Pieveacquedotto, Borgo Sisa e Durazzanino.
Al momento in cui andiamo in stampa non è possibile elencare il numero delle famiglie che hanno praticamente perso tutto e neppure le attività economiche che hanno subito danni irreparabili. Appena è stato possibile intervenire in queste aree è scattata la gara di solidarietà dei forlivesi che in centinaia si sono resi disponibili per spalare fango, liberare case, giardini e scantinati invasi dalla furia delle acque.

I campi devastati
Secondo una prima valutazione della Coldiretti regionale, l'alluvione ha messo in ginocchio oltre cinquemila aziende e allevamenti in una delle aree più agricole del nostro Paese, con una produzione lorda pari a circa 1,5 miliardi di euro all’anno, che si moltiplica lungo la filiera grazie a un indotto di avanguardia, privato e cooperativo, nella trasformazione e distribuzione alimentare che è stato fortemente compromesso. Ai danni sulla produzione agricola si aggiungono quelli alle strutture, tra cui gli impianti dei frutteti, le serre, gli edifici rurali, le stalle, i macchinari e le attrezzature e le infrastrutture, senza contare la necessità di una bonifica dei terreni e il ripristino della viabilità nelle aree rurali.
Sono oltre mille le aziende agricole che rischiano di scomparire a causa dei terreni segnati da frane e smottamenti. Tuttavia a destare grandissima preoccupazione sono anche i danni irreversibili riportati dalle infrastrutture, a questi si sommano i problemi causati dalle strade interrotte e dai ponti abbattuti, oltre alle difficoltà a garantire acqua e cibo agli animali isolati per le interruzioni nel sistema viario. L’alluvione ha invaso i campi con la perdita di almeno 400 milioni di chili di grano nei terreni allagati dell’Emilia Romagna, dove si ottiene circa 1/3 del grano tenero nazionale, in un contesto internazionale già reso particolarmente difficile dalla guerra in Ucraina. Inoltre l’esondazione dei tanti fiumi, torrenti e canali ha sommerso i frutteti “soffocando” le radici degli alberi che stanno marcendo, rendendo necessario l'espianto e il successivo reimpianto di almeno 15 milioni di alberi da frutto come pesche, nettarine, kiwi, albicocche, pere, susine, mele, kaki, fichi e ciliegi.

Chiese, cimiteri, archivi, biblioteche: acqua e fango non hanno risparmiato nulla
La furia dell'acqua e del fango non ha risparmiato nulla. Citiamo solo alcuni dei luoghi più significativi che sono stati colpiti dall'alluvione: la Chiesa di Santa Maria del Voto dei Romiti, l'adiacente cimitero, la biblioteca di quartiere di via Locchi, l'antica Pieve di Santa Maria in Acquedotto, le chiese di San Tomè e di Durazzanino, i locali del Seminario Vescovile. In particolare, in quest'ultimo caso, è stata danneggiata l'importante dotazione libraria, compresi incunaboli e altri libri antichi (oltre un migliaio). 

Anche la sede dell'archivio e di un deposito del Comune di Forlì sono stati invasi dall'acqua e dal fango. A proposito di questi ultimi locali occorre sottolineare che vi si conserva l’archivio di deposito e corrente comunale dal 1958; qui sono anche fondi bibliotecari cittadini, i periodici spenti e i depositi dei Musei, ovvero gran parte del Museo del Risorgimento, tutta la gipsoteca, parte dei materiali del Museo archeologico, i disegni dell’architetto Emilio Rosetti, botteghe del Museo etnografico, donazioni varie, preziose e uniche testimonianze del nostro passato. Tutto materiale che dovrà essere oggetto di un recupero e restauro massivo nei limiti del possibile. A fronte di questo ulteriore terribile scenario, da più parti è stato chiesto di mettere in campo tempestivamente unità di lavoro specializzate nel recupero di tali preziose testimonianze, come fu fatto nel 1966 dopo l’alluvione di Firenze.


Il paesaggio lungo i fiumi
In due volumi di recente pubblicazione, "I Meandri del fiume Ronco" e "Ladino, il bosco e il fiume", entrambi curati da Gabriele Zelli con foto di Fabio Casadei, era stata evidenziata, la straordinaria rilevanza naturalistica ed ecologica di ambienti che, nel corso del tempo, erano divenuti meta di tanti concittadini per camminate ed escursioni. Era affascinante poter attraversare l'Oasi di Magliano, poter godere del grande Parco Urbano "Franco Agosto" e del Ronco Lido, frequentare CalaFoma, oppure percorrere i suggestivi sentieri fluviali di Ladino e di Villa Rovere. Ebbene, oggi tutto ciò non esiste più come lo conoscevamo. Occorre quindi,  nel conto dei danni, aggiungere alla devastazione generale delle aree antropicizzate anche quella di molti degli ambienti naturali più importanti della città.

Chi burdél de paciúgh (I ragazzi della fanghiglia)
Non si contano le operazioni di soccorso e di aiuto compiute senza sosta dalla Protezione Civile, dai Vigili del Fuoco, dall'Esercito e dalle Forze dell'ordine, sia nella situazione di emergenza e di maggior pericolo sia nei giorni successivi e che sta ancora proseguendo. Ma  un vero e proprio fenomeno ha stupito tutti, amplificato da un'eco senza precedenti sui social. In tutte le aree della Romagna colpite dall'alluvione centinaia e centinaia di giovani, sicuramente migliaia, provenienti anche da altre provincie d'Italia, hanno calzato gli stivali, probabilmente per la prima volta, si sono vestiti alla meglio, hanno preso un badile in spalla, nella stragrande maggioranza dei casi un attrezzo forse visto solo in fotografia, e col sorriso sulle labbra sono andati a spalare fango e a portare aiuto fin dai primi momenti in cui è stato possibile. Al mattino partivano col sorriso, che mantenevano fino a sera, quando al momento del ritorno, sporchi, sfiniti, sudati e inzaccherati fin sopra i capelli, il sorriso era ancora stampato sui loro visi. Non sono mancati canti corali, come facevano un tempo i contadini nei campi che, per sostenersi nei momenti di maggior fatica, intonavano brani popolari o stornellate. "Romagna Mia", cantata ovunque a gran voce, è stata la colonna sonora di questi giorni drammatici, creando momenti di fraternità generalizzata ed emozionante in ogni strada e piazza. Come avvenuto a Faenza quando, al termine di una giornata di duro lavoro, gran parte dei volontari si sono ritrovati davanti al Duomo per affermare la supremazia della vita e dell'essere umano sulle tragedie. Particolarmente emozionante è stato l'applauso lungo e interminabile che gli stessi hanno rivolto nei confronti di alcuni mezzi dei Vigili del Fuoco che stavano transitando davanti a loro; una scena che ha richiamato alla memoria quelle di festa avvenute nelle città italiane nel momento in cui venivano liberate dall'Esercito alleato.  
Di fatto è emersa dall'acqua e dal fango, volendo parafrasare il titolo del film di Marco Tullio Giordana del 2003, "La meglio gioventù" che, nel in questo caso è stata definita, come riportato su alcuni striscioni e su molti siti web, "Chi burdél de paciúgh" (I ragazzi della fanghiglia), un modo per differenziarsi dagli "angeli del fango", espressione che fu coniata per identificare i tantissimi giovani che accorsero a Firenze dopo l'alluvione del 4 novembre 1966 e che furono di supporto alla prima ricostruzione. A 57 anni da quel terribile evento catastrofico, la situazione non è cambiata anzi, a distanza di tanti anni si evidenzia in maniera ancor più chiara e netta la grande fragilità del territorio italiano e in particolare di quello appenninico.

Cosa occorre ora
Ora bisogna acquisire la consapevolezza che la buona volontà da sola non basta anche perché il fango si sta asciugando e sta diventando un cemento duro, difficile da rimuovere. Servono allora mezzi e uomini esperti per raschiare la fanghiglia, per raccogliere i rifiuti, per sbloccare le fognature allagate, più pompe per svuotare cantine e seminterrati.
E in prospettiva? Il compito di tutti è prendere atto della realtà e adottare le misure perché anche altri possibili eventi straordinari portino in futuro ferite meno gravi. Il primo passo deve essere fermare la progressiva antropizzazione e cementificazione e curare il territorio in tutte le sue parti e in tutti i suoi aspetti. Ciò richiederà grande dispendio di tempo, energie, spesa, nuove regole burocratiche e soprattutto un maggiore senso civico. Tutto questo servirà a limitare le conseguenze più dolorose di possibili eventi catastrofici a cui purtroppo pare ci dovremmo abituare se non interverremo concretamente sulle cause del cambiamento climatico che sta interessando il pianeta.
Ci aspetta un impegno lungo e duraturo. E nel frattempo?

Sottoscriviamo a favore degli alluvionati
Nel frattempo deve continuare la gara di solidarietà verso gli alluvionati. Lo si può e lo si deve fare in più modi. Uno tra questi è la donazione per incrementare le raccolte fondi già avviate nei giorni scorsi. Per le indicazioni su come procedere è consigliabile seguire le indicazioni, che si trovano sui siti ufficiali dei Comuni, della Regione, delle Associazioni o degli Enti a cui si intende donare.

Aiutiamo chi aiuta
Anche le sedi dell'Emporio della Solidarietà e del Comitato per la lotta contro la fame nel mondo di Forlì hanno subito notevolissimi danni, non nelle strutture ma in ciò che conservavano che è stato in gran parte distrutto dall'alluvione. Queste due fondamentali istituzioni benefiche, che tanto fanno per le persone più bisognose della città e non solo, hanno bisogno di aiuto e sostegno. La prima per rimpinguare gli scaffali di generi di prima necessità (anche in questo caso si possono effettuare donazioni in denaro - www.emporioforli.it ), la seconda per rimpiazzare mobili, vestiti, oggettistica e tutto ciò che può servire per riaprire il tradizionale mercatino. Insomma, al Comitato di piazzale Annalena Tonelli serve tutto ciò che nelle nostre case non utilizziamo più, purché sia in buono stato (www.comitatoforli.it).

Marco Viroli  Gabriele Zelli

Foto Cristiano Frasca

 


Redazione Diogene

giovedì 25 maggio 2023

ARGOMENTI:     alluvione