Le vacanze e il dramma dell'alluvione
Il periodo estivo che abbiamo davanti sarà caratterizzato dalle ferie, dalle vacanze e dallo svago. Però non sarà per tutti così, sia per i tanti che per ragioni economiche non se lo possono permettere, sia per tutti coloro, e sono decine di migliaia, che in Romagna stanno ancora affrontando gli enormi problemi creati dalla recente devastante alluvione.
Non abbiamo ancora il conto preciso di quanto è stato salvato dalla furia dell'acqua e dunque nemmeno di quello che è andato perso, ma quello che si vede è una voragine senza precedenti.
Perché in pianura l’acqua dei 21 fiumi esondati, da Cesena a Bologna, ha inondato oltre 100.000 ettari coltivati ed ha lasciato il posto ad un pesante strato di limo e sabbia che ha creato una crosta impermeabile soffocando il terreno e rendendo impossibili gli scambi gassosi fondamentali per le radici e la vita delle piante. Mentre i raccolti di ortaggi, grano, orzo, mais, girasole, colza e soia coperti dal fango sono andati completamente perduti. Per recuperare la funzionalità dei campi e tornare a seminare è necessario arare in profondità per rimescolare gli strati del terreno e diluire la presenza di limo e sabbia in superficie. Frutteti e vigneti stanno morendo per asfissia radicale con la perdita di produzione per i prossimi 4 o 5 anni.
In pericolo è un territorio con oltre 25.000 ettari di frutteti con nell’ordine pesche e nettarine, kiwi, albicocche, susine, pere, kaki, ciliegi e castagni mentre in altri 25.000 ettari sono piantati a vigneti, ma ci sono anche migliaia di ettari coltivati ad orticole come patate, pomodoro, cipolla e altro, oltre alla produzione di sementi. Oltre 60.000 ettari sono coltivati a grano duro per la pasta, grano tenero per il pane, orzo, sorgo e mais. Su altri 7.000 ettari si estendono le coltivazioni di girasole, colza e soia.
L’alluvione ha devastato il territorio romagnolo e quello limitrofo che conta 21.000 aziende agricole e allevamenti in una delle aree più agricole del Paese con una produzione lorda pari a circa 1,5 miliardi di euro all’anno che moltiplica lungo la filiera grazie ad un indotto di avanguardia, privato e cooperativo, nella trasformazione e distribuzione alimentare che è stato fortemente compromesso. Ai danni sulla produzione agricola si aggiungono quelli alle strutture come gli impianti dei frutteti, le serre, gli edifici rurali, le stalle, i macchinari e le attrezzature perse senza contare la necessità di bonificare i terreni e ripristinare la viabilità nelle aree rurali con frane nelle aziende e lungo le strade.
La soluzione, secondo gli esperti e le associazioni di categoria, è una sola e cioè avere un aiuto concreto da parte delle Istituzioni per consentire agli agricoltori di rifare gli impianti a costo zero o quasi, oltre a sostenerli per i prossimi anni nell'ottica di garantirgli di poter avere comunque una redditività, in caso contrario il danno rischia di essere irreversibile per tutta l'agricoltura.
E nel concreto i cittadini cosa possono fare, a parte essersi già rimboccate le maniche per togliere il fango dalle proprie case e da quelle altrui? Molto ancora resta da fare per quanto riguarda il ripristino dei luoghi e i cittadini romagnoli faranno la loro parte. Ma si può fare ancora di più. Tutti noi possono incidere positivamente dal punto di vista economico sull'economia locale con gli acquisti quotidiani dei prodotti alimentari, dando priorità a quelli a chilometro zero dall'ortofrutta alla carne, dalla pasta al pane, dal vino ai succhi di frutta, dall'olio ai dolci. La stessa cosa va fatta per i generi di prima necessità come i prodotti per l'igiene e per la casa.
Tutto questo in attesa che l'opera di ricostruzione, di manutenzione, di indennizzo, che è in capo alla Pubblica amministrazione possa dispiegarsi con le risorse finanziarie necessarie per restituire alle zone alluvionate prestigio, serenità e prospettive per il futuro.
Foto Cristiano Frasca
Gabriele Zelli
giovedì 27 luglio 2023