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Quando a Forlì si attuò la soluzione finale da parte delle SS eliminando ebrei e antifascisti

Ricorre 80° anniversario del primo eccidio di settembre in via Seganti

Quando a Forlì si attuò la soluzione finale da parte delle SS eliminando ebrei e antifascisti

Nel tardo pomeriggio del 5 settembre 1944, il gruppo di nazisti delle SS che si era insediato a Forlì provenienti da Roma, avendo lasciato la capitale in seguito all'arrivo dell'esercito alleato, e fascisti italiani della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) prelevarono dal carcere di via della Rocca ventuno persone. L’Aussenkommando della Sicherheitsdienst (SD) di Forlì deteneva i prigionieri sia negli scantinati trasformati in prigione della propria sede in viale Salinatore 24, con una capacità di circa cinquanta posti (per i quali non sono sopravvissuti registri o documenti), sia nel carcere civile di via della Rocca, dove aveva un ufficio con due uomini addetti agli interrogatori dei prigionieri politici (per il quale esistono i registri di ingresso e uscita). 

 

Nove dei ventuno prelevati erano parenti di Tonino Spazzoli e furono tutti deportati nei campi di concentramento. Gli altri dodici prigionieri, dieci ebrei e due antifascisti, vennero portati alla caserma “Caterina Sforza” in via Romanello, un luogo di "visita medica" per coloro che dovevano essere deportati in Germania. Da viale Salinatore, altri otto prigionieri - quattro donne e quattro uomini - furono trasferiti sempre in via Romanello. Questi movimenti facevano parte di una decisione presa dai comandanti tedeschi Karl Schütz e Hans Gassner nel tentativo di mantenere segrete le eliminazioni e giustificare le sparizioni con la deportazione in Germania.
In tarda serata, le venti persone furono caricate su diversi automezzi e portate verso l’aeroporto. All’altezza delle “casermette” del Ronco, occupate dalle truppe tedesche che le avevano ribattezzate Caserma “Adolf Hitler”, alcuni automezzi svoltarono, mentre gli altri proseguirono verso l’aeroporto, dove li attendevano gli esecutori. Le uccisioni non ebbero testimoni diretti. 
Alle cinque del mattino successivo, 6 settembre, gli altri prigionieri furono prelevati dalle casermette, condotti all’aeroporto e eliminati. Le venti vittime furono uccise in tre gruppi: uno composto da dieci persone e due da cinque. Non sappiamo quanti furono uccisi la sera e quanti al mattino. Tra le vittime si trovavano, tra gli altri, Edoardo Cecere, colonnello dell’XI Brigata Casale, uno dei primi a salire in montagna per combattere i tedeschi; Pellegrina Rosselli del Turco, moglie del marchese Gian Raniero Paulucci De Calboli; Pietro Alfezzi, partigiano appartenente ai GAP; Chino Bellaganba, dipendente del Comune di Cesena e dirigente dell’Ufficio Leva, accusato di aver alterato documenti per sottrarre giovani alla deportazione in Germania e forse anche per favorire ebrei. Solo nel 2005 la famiglia di Bellaganba scoprì che era stato fucilato a Forlì, analogamente a quanto accadde per Lissi Lewin, che nel 2000 scoprì che il fratello Lewin fu eliminato nello stesso contesto e luogo.


Gabriele Zelli

giovedì 5 settembre 2024

ARGOMENTI:     forlì storia