Pellegrino Artusi
Una breve biografia
A proposito di ristoranti e mangiar bene, pubblichiamo una breve biografia dell’autore di “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene”, tratta dal libro “Personaggi di Forlì” di Marco Viroli e Gabriele Zelli edito da Il Ponte Vecchio
Nel 2011 si è celebrato il centenario della morte di Pellegrino Artusi, autore del più celebre libro di cucina italiano: La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, il volume più rubato dalle pubbliche biblioteche della penisola.
Artusi con il suo libro dotò la nuova Italia di una raccolta di ricette "raccontate" con gusto e semplicità, capaci di unificare il paese negli usi gastronomici, non meno di Pinocchio di Collodi, come notò lo scrittore toscano Giuseppe Prezzolini.
Artusi seppe giocare d’anticipo su tendenze che si sarebbero affermate durante il XX secolo. Nel suo libro riservò alla pasta uno spazio ampio come in nessun altro ricettario del tempo. Delineò, inoltre, per la prima volta, lo schema del tipico “menù all’italiana”, costituito da un primo, da un secondo e da un dessert. Vero è che scriveva principalmente per gli "agiati" che del resto erano quelli in grado di leggere, in un’Italia di fine ‘800 in cui l’analfabetismo toccava, anche al Nord, punte del 70-80 per cento.
Artusi può essere considerato il padre della moderna cucina italiana e in questa carrellata dedicata ai personaggi Forlivesi del XIX e XX secolo ci piace inserirlo un po’ per ammirazione, un po’ rammaricati nei confronti del destino che ha voluto che nascesse a Forlimpopoli, a soli otto chilometri da Forlì.
Pellegrino Artusi dovette lasciare la sua città natale dopo la celebre e terribile scorreria brigantesca di Stefano Pelloni, detto “Il Passatore”, avvenuta la notte del 25 gennaio 1851. Il brigante con la sua banda prese in ostaggio, nel teatro della città, tutti i rappresentanti delle famiglie più facoltose di Forlimpopoli, rapinandole una per una. Tra questi vi era anche Agostino Artusi, padre di Pellegrino e di due ragazze, la più sensibile delle quali, Gertrude, fuggì per i tetti, seminuda e terrorizzata, tornando poi coi capelli imbiancati. Forse non fu violentata ma rimase preda di un ineliminabile dolore, di un «orgasmo nervoso che di frequente stabiliva in lei scosse convulsive». Venne fatta sposare, ma il marito era rozzo, villano, manesco e Gertrude finì in manicomio a Pesaro. Il fratello Pellegrino la andò a trovare fino a che lei lo riconobbe.
Sta di fatto che a seguito del tragico episodio legato al Passatore (per niente «cortese» checché ne cantasse il Pascoli), nel 1852 il gastronomo, una sorta di “ghibellin fuggiasco” al contrario, lasciò Forlimpopoli per trasferirsi a Firenze, dove continuò la redditizia attività di commerciante, facendo anche molta beneficenza. Qui mai prese moglie e, aiutato dalla fida Marietta, si dedicò alla stesura del suo manuale di cucina, portato a termine nel 1891.
Non avendo trovato un editore, lo stampò a sue spese per poi venderlo per corrispondenza. Il meccanismo funzionò e, attraverso un fitto scambio di lettere con i suoi lettori, Pellegrino acquisì suggerimenti e precisazioni che gli consentirono di aumentare progressivamente, edizione dopo edizione, il numero delle ricette.
Nel 1911, anno della sua morte, dalle 475 della prima edizione avevano raggiunto il numero di 790 rendendo sempre più ampia e sempre più «nazionale» la primitiva scelta. Nel libro hanno infatti un posto d’onore le ricette della cucina dell’Emilia-Romagna e della Toscana ma la corrispondenza con i lettori consentì all’Artusi di inserirne anche alcune provenienti dalla lontana Sicilia. In ordine alfabetico, dalle “Acciughe alla marinara” alla “Zuppa alla toscana di magro”, Artusi unì perciò inconsapevolmente per sempre l'Italia delle classi borghesi.
Piero Montanari, forlivese di nascita, curatore dell'edizione Einaudi del 1970, scrisse: «Bisogna riconoscere che La scienza in cucina ha fatto per l'unificazione nazionale più di quanto non siano riusciti a fare i Promessi Sposi (…) Nonostante la fortissima personalità dell’autore, il ricettario finì per configurarsi come opera collettiva delle famiglie italiane. Questo spiega il suo strepitoso e duraturo successo».
Redazione Diogene
lunedì 18 novembre 2013