Tre domande a Walter Guadagnini
“Essere umane” è un viaggio per immagini nell’evoluzione del linguaggio fotografico mondiale, con una specifica attenzione allo “sguardo femminile”. La mostra, allestita ai Musei San Domenico e visitabile fino al 30 gennaio 2022, è un percorso dedicati alle grandi fotografe donne dell’ultimo secolo che conta oltre 300 scatti realizzati da 30 artiste. L’esposizione, promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi in collaborazione col Comune di Forlì, è stata ideata e realizzata grazie a Monica Fantini e Fabio Lazzari. A presentarne gli aspetti salienti è il professor Walter Guadagnini, curatore della mostra.
Da quale spunto ha preso vita “Essere umane”?
La mostra è nata dalla richiesta che mi è stata rivolta dagli organizzatori del Festival del Buon Vivere di passare dalle grandi esposizioni personali degli ultimi anni a una produzione pensata e realizzata su uno specifico tema a Forlì e per Forlì. Sul filo rosso della fotografia fatta da donne, si è innestata la mia riflessione sul tipo di opere da privilegiare e le autrici da coinvolgere. La selezione ha incluso immagini che raccontassero la realtà di un periodo ben individuato, quello degli ultimi cent’anni (dagli anni ’20 del Novecento al 2020), con l’obiettivo di avere uno sguardo più internazionale possibile e “globalizzato” nel senso positivo del termine. Come noto, l’inaugurazione era stata pensata per l’autunno 2020, salvo poi slittare a causa della pandemia. Il tempo ulteriore a disposizione ha permesso di operare un’aggiunta, cioè le fotografie di Gerda Taro scattate durante la guerra civile spagnola degli anni ’30, prima non disponibili per il prestito. Un altro cambiamento riguarda i lavori della forlivese Silvia Camporesi: in mostra sarà visibile la recente serie di immagini dedicate dall’artista alla pandemia.
Arte, ma anche storia: quali sono gli eventi rappresentati e da quali fotografe?
La mostra incontra i principali eventi che hanno segnato il ventennio che va dagli anni ’30 agli anni ’50 del secolo scorso (la guerra civile spagnola, la Seconda guerra mondiale e la Grande Depressione), immortalati da Dorothea Lange, Lee Miller e Gerda Taro. Uno spazio è stato dedicato anche ai rivolgimenti sociali, come la presa di coscienza delle persone di colore (restituita dalle immagini di Eve Arnold della sfilata di donne afro-americane ad Harlem negli anni ’50) o le questioni inerenti alla sessualità, come mostrano gli scatti di Lisetta Carmi degli anni ’60 sulla comunità di travestiti dell’ex ghetto di Genova. Vengono toccati gli aspetti messi maggiormente in luce dalla rivoluzione dei costumi e le questioni di cronaca, rese esplicite, ad esempio, dalle fotografie degli omicidi di mafia di Letizia Battaglia. Si arriva, infine, alla contemporaneità, con una visione di un mondo globalizzato e non più a trazione occidentale, fino alla sezione speciale di ritratti catturati da Annie Leibovitz nei primi anni Duemila.
Cosa significa per Forlì una mostra di questa ampiezza?
In ambito italiano, una mostra così ambiziosa e di così grandi dimensioni non era ancora stata fatta. Sono state realizzate altre esposizioni su queste figure, ma mai con così tante opere (oltre 300), con uno sguardo così allargato dal punto di vista temporale e con un numero così elevato di autrici (30). Si è voluto affrontare un tema in modo approfondito, con un racconto organico e una visuale molto ampia.
Laura Bertozzi
lunedì 20 settembre 2021