Tre domande a Fabio Blaco
Fabio Blaco, fotografo e videoreporter con oltre 30 anni di esperienza, è nato a Bari nel 1970. Cresciuto tra Pisa e Forlì, ha iniziato come orafo prima di dedicarsi alla fotografia, una passione nata da bambino grazie a uno zio fotografo e alla macchina Voigtländer Vito C di suo padre. Nel 1994 ha pubblicato la sua prima foto su un quotidiano, iniziando una carriera che lo ha visto collaborare con testate come CNN e National Geographic.
Ci sono fotografi che senti particolarmente vicini a te e perché?
“Il mio percorso professionale è iniziato insieme a Cristiano Frasca, oggi fotografo per il Carlino. Lui è stato fondamentale per il mio ingresso nel Corriere Romagna, e nel mondo della fotografia, che non è facile, soprattutto nel campo della cronaca. Cristiano mi ha dato l'opportunità di sostituirlo, e successivamente di prendere il suo posto, quando lui si era sposato e aveva avuto quattro figli. La sua fiducia è stata per me una porta aperta. All'epoca, i fotografi di cronaca erano pochi: io, Cristiano, Sante Montanari e, saltuariamente, Giorgio Sabbatini. Se devo indicare qualcuno con cui ho avuto un legame particolare, Cristiano è stato sicuramente il fotografo più vicino a me”.
Secondo te è possibile passare un messaggio usando la fotografia e come ci riesci?
“Fotografare significa "scrivere con la luce" e creare segni che restano nel tempo. Come diceva il collega Nicclò Ulivi, "mi piace raccontare la vita a scatti di centesimi di secondo", un approccio che sintetizza il mio lavoro. Ogni anno scattiamo migliaia di foto, molte delle quali inizialmente sembrano prive di un messaggio evidente, ma con il passare degli anni acquisiscono un valore significativo. Diventano documenti di cambiamenti, luoghi che non esistono più, case abbattute, strade trasformate. Quando guardiamo fotografie di venti o trent'anni fa, ci immergiamo in un altro mondo e vediamo non solo le trasformazioni, ma anche come alcune situazioni siano rimaste immutate nel tempo. Purtroppo, oggi, con la diffusione dei cellulari, molte foto vengono scattate senza attenzione alla qualità e senza essere archiviate correttamente. Questo porta alla perdita di un patrimonio fotografico che racconta la vita delle nostre comunità. Immagini che, se non conservate, rischiano di svanire nel nulla, cancellando ricordi, emozioni e storie importanti per le generazioni future”.
Quali sono i temi e i luoghi del mondo a cui vorresti dedicare un reportage ma ancora non hai potuto farlo?
"I temi che vorrei esplorare sono tanti, e alcuni li ho già affrontati, come i conflitti. Durante la guerra nei Balcani, sono stato inviato a Sarajevo per documentare situazioni drammatiche, come i campi minati. Ma il tema che sento più vicino, da oltre 30 anni, è quello degli incidenti stradali. Essendo padre, mi tocca profondamente. Ho dedicato mostre a questo argomento, anche in discoteche, con messaggi come 'Finisci la nottata nelle tue lenzuola'. Vorrei che la sicurezza stradale fosse sempre al centro dell’attenzione. Anche se sono stati fatti progressi, sogno zero incidenti mortali. È un obiettivo ambizioso, ma farei di tutto per raggiungerlo. Scene drammatiche, come la morte di bambini, ti restano dentro per sempre, rendendo questa lotta una vera missione personale”.
Emanuele Bandini
venerdì 6 dicembre 2024