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Caterina Sforza e Le Signore di Romagna . Storia di due secoli delle signorie romagnole, raccontati attraverso le vite delle grandi donne.

Presentazione di e con Marco Viroli: lunedì 16 maggio 2022, ore 20.30, Centro Sociale, via Sillaro, 42, Forlì. Ingresso libero.

Caterina Sforza e Le Signore di Romagna . Storia di due secoli delle signorie romagnole, raccontati attraverso le vite delle grandi donne.

I tre saggi a mia firma, Caterina Sforza, Signore di Romagna e I Bentivoglio, più o meno esplicitamente, sono ricchi di potenti figure femminili che mi hanno permesso di compiere una lettura storica còlta da un diverso, quanto più intrigante, punto di vista. La stesura di Signore di Romagna. Le altre leonesse, in particolare, mi ha consentito di disegnare l’andamento di quei due secoli in cui il fenomeno delle Signorie vide tra i suoi protagonisti non solo soldati e condottieri, ma anche donne, certo, esseri umani appartenenti a una categoria dominante e privilegiata, ma pur sempre donne. Ho approfittato del racconto delle loro gesta per tratteggiare anche quella che era la ben poco rosea situazione femminile a quei tempi e che non sarebbe, purtroppo, migliorata di molto nei secoli a venire.

Alcune leonesse le ho scelte perché particolarmente famose, altre perché godono ancora oggi della fama legata alla città di cui furono signore, altre infine le ho recuperate dall’oblio, nei meandri della storia in cui si stavano perdendo. Alcune di loro furono leonesse in amore, altre lo furono per l’apporto che seppero dare alla cultura o alla fede, altre lo furono in battaglia, altre lo divennero perché maestre nell’intrigo, altre infine vissero le loro vite coraggiose come leonesse del silenzio e della pazienza.

Molte di loro si ripropongono ancora oggi come modello di eroismo e di intraprendenza. Alcune si distinsero per bellezza, intelligenza, intuito, eleganza. Molte soffrirono per l’impotenza del loro ruolo di spettatrici di un mondo che avrebbero voluto diverso, ma che gli uomini avevano costruito basandolo sulla violenza, sulla corruzione, sulla brama di potere. Anche se la donna in Romagna non sempre è stata protagonista, spesso però si è trovata a essere comprimaria, complice di uomini che sovente trovarono nella loro compagna quella forza e quell’equilibrio di cui difettavano.

La mia narrazione prende le mosse alla fine del Duecento e parte con la storia di Orabile di Giaggiolo, nipote di Maghinardo Pagani da Susinana e quindi trait d’union tra il periodo comunale e quello signorile. Orabile però fu anche la moglie tradita da Paolo il Bello, amante di Francesca da Polenta, più conosciuta nel mondo come “da Rimini”. C’è poi il racconto dell’avventurosa guerriera Marzia degli Ubaldini detta Cia, sposata con Francesco Ordelaffi il Grande, il signore forlivese contro il quale il papa proclamò addirittura una Crociata. Ci troviamo nel bel mezzo del Trecento quando contemporaneamente si svolge a Ferrara il dramma di Parisina Malatesta, andata in moglie a Niccolò d’Este, ma innamorata perdutamente di Ugo, figlio illegittimo del marito.

Con un piccolo balzo in avanti ci proiettiamo nel XV secolo e il racconto delle leonesse si divide a questo punto tra le storie delle famiglie che dominarono le nostre più importanti città: Cesena, Rimini, Forlì, Imola e Faenza (a Ravenna infatti, sin dal 1441, i da Polenta avevano ceduto il passo all’avanzata dei Veneziani). Cesena, prima di cadere per secoli sotto il potere dello Stato pontificio, conobbe la Signoria illuminata di Novello Malatesta e di sua moglie Violante da Montefeltro, ispiratori e creatori della Biblioteca Malatestiana. A Rimini fu Sigismondo Pandolfo Malatesta, “il lupo”, a ricoprire il ruolo di Signore rinascimentale, ideatore del Tempio Malatestiano. Celebre e indimenticato è il suo amore per Isotta degli Atti, ma non fu l’unico perché il lupo visse molte focose e lunghe passioni per altre donne, tra cui la tenace Vannetta de’ Toschi che si rese protagonista, con buon esito, di un’aspra difesa della Rocca di Meldola. A Forlì, patria degli Ordelaffi, Pino III fu il magnifico signore intorno al quale ruotarono molte donne, prima tra tutte la madre, Caterina Rangoni, regina dell’intrigo e, per un certo periodo, reggente della città. Pino ebbe tre mogli; Barbara Manfredi e la cugina Zaffira, che morirono entrambe in situazioni mai completamente chiarite; Lucrezia Pico della Mirandola, la quale, rimasta improvvisamente vedova, riuscì a impossessarsi del tesoro degli Ordelaffi e a farlo sparire per sempre portandolo via con sé. La dipartita degli Ordelaffi lasciò campo libero a Girolamo Riario e a sua moglie Caterina Sforza, la “leonessa di Romagna”, che dominò su Forlì e Imola per una ventina d’anni. A Imola i Riario-Sforza sostituirono un ramo cadetto dei Manfredi, il cui ultimo esponente, Taddeo, aveva affidato alla moglie Marsibilia Pio il disperato compito di difendere la città. Anche a Faenza i Manfredi dominarono a lungo, fino a che, il loro ultimo importante discendente, Galeotto, non venne vilmente ucciso dalla giovane moglie Francesca Bentivoglio, gelosa dalla tresca che il marito ordiva ai suoi danni con la bella ferrarese, Cassandra Pavoni. Ultima leonessa che incontriamo a Faenza è la giovanissima Diamante Torelli, al comando delle donne che di notte sulle mura della città davano il cambio agli uomini nella difesa contro gli assalti di Cesare Borgia. Per concludere, anche nella vicina Bologna, ultima a cadere tra le Signorie di questa parte d’Italia, emerse la figura di un’altra donna estremamente vigorosa e determinata: Ginevra Sforza, cugina di Caterina e moglie di Giovanni II Bentivoglio, signore di Bologna per 43 anni. Oltre a essere madre di almeno una dozzina e mezzo di figli, Ginevra fu la vera eminenza grigia della Signoria felsinea e perciò fautrice di quello straordinario periodo che passa sotto il nome di Rinascimento bolognese.

Nella stesura dei miei libri mi sono sempre imposto un costante lavoro di identificazione, riponendo grande attenzione nella ricostruzione documentata, nella decontaminazione dal fattore “leggenda”, e, al tempo stesso, nel cercare di stabilire maggior empatia possibile tra il lettore e i personaggi di cui scrivo e che vissero e agirono nella nostra terra cinque o sei secoli prima di noi. Mi piace indicare queste donne col termine di “leonesse”, utilizzato inizialmente per Caterina Sforza, ma che ben rappresenta le molte altre signore che fecero grande la storia dei loro casati, delle loro città e della Romagna tutta intera.


Marco Viroli

lunedì 9 maggio 2022

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