“SONETTI ROMAGNOLI”
SERATE DEDICATE A OLINDO GUERRINI NEL CENTENARIO DELLA SCOMPARSA (1916-2016)
Olindo Guerrini nacque a Forlì il 4 ottobre 1845, nella casa della famiglia materna, che si trovava nell’attuale corso Diaz al numero 116, nel palazzo divenuto tristemente famoso perché, nell’aprile del 1988, fu teatro dell’efferata uccisione del senatore Roberto Ruffilli a opera di un commando delle Brigate Rosse.Il 21 ottobre scorso si sono celebrati i 100 anni dalla scomparsa. Fino alla fine del 2016 si terranno in Romagna numerose iniziative per commemorare il compianto poeta e scrittore.
In particolare, continua la fortunata tournee di “Sonetti romagnoli” con altri due incontri dedicati alla lettura teatrale dei più noti sonetti di Olindo Guerrini, a cura di Radames Garoia e degli attori della "Cumpagnì dla Zercia" di Forlì (Elettra Aiti, Eleonora Balestra, Giuseppe Brunelli, Susanna Fabbri, Francesco Nardi).
Promossi dall’associazione culturale “La Tevla de Sdaz”, gli incontri sono condotti e arricchiti dagli interventi di Gabriele Zelli e Marco Viroli.
Venerdì 25 novembre 2016, ore 21.00, nel teatrino della Casa delle Aie, via Ascione 4, Cervia (RA).
Serata organizzata in collaborazione con l’Associazione culturale “Casa delle Aie” e la Cumpagnì dla Zercia. Gli intermezzi musicali alla fisarmonica saranno a cura di Giuseppe Tedaldi.
Introdurrà Renato Lombardi, presidente dell’Associazione “Casa delle Aie”.
Giovedì 1 dicembre, ore 21.00, Circolo Democratico Forlivese, via Piero Maroncelli 7, Forlì.
Organizzata in collaborazione con il Circolo Democratico Forlivese e la Cumpagnì dla Zercia, la serata sarà allietata dagli intermezzi musicali di Giulio Cantore (chitarra) e Gioele Sindona (violino) che proporranno un ampio repertorio di brani originali dell’epoca in cui visse Olindo Guerrini.
OLINDO GUERRINI: LE SUE OPERE E LE SUE PASSIONI
«Sono nato (ahimè!) a Forlì; ma la mia vera patria è Sant’Alberto, 15 km al nord di Ravenna, dove i miei avi hanno sempre vissuto» (O. Guerrini, “La mia giovinezza”, Zanichelli, 1916).
Può non certo apparire come una dichiarazione d’amore nei confronti della nostra città questa affermazione di Olindo Guerrini, tratta dalle sue note autobiografiche. In realtà, a voler leggere tra le righe, in quell’«ahimè!» si potrebbe anche intravedere una malcelata vena di malinconia, un lamento di nostalgia per la città natia, da cui proveniva la madre Paola Giulianini.
Nato, come si diceva a Forlì nel 1845, dopo l’infanzia vissuta a Sant'Alberto di Ravenna e l’adolescenza passata in collegio a Torino, Guerrini si trasferì a Bologna dove si laureò in Giurisprudenza e trovò lavoro presso la Biblioteca universitaria.
Sposatosi nel 1874 con la ravennate Maria Nigrisoli, nel 1877 iniziò la sua attività letteraria con la pubblicazione di “Postuma”, un volume di poesie, nella cui prefazione, Guerrini attribuiva la paternità dei versi al cugino Lorenzo Stecchetti, morto di tisi all’età di trent’anni. In realtà fu questo il primo, e il più fortunato, di una serie di pseudonimi con cui diede alle stampe gran parte delle proprie opere. Grazie allo scandalo che suscitò per l’audacia dei toni erotici e per gli atteggiamenti dissacratori e blasfemi, “Postuma” conobbe un enorme successo, facendo registrare ben 32 edizioni. Il libro ebbe un successo di vendite maggiore delle “Odi barbare” di Carducci e il successo crebbe quando, ben presto, si venne a sapere che l’autore di quest’opera ardita, sia per stile sia per temi trattati, era lo stesso Guerrini.
Amico e ammiratore di Giosuè Carducci, la sua opera ebbe tra i contemporanei grande risonanza per via della poetica verista in netta contrapposizione con romantici e idealisti, e per gli atteggiamenti anticlericali e socialisteggianti.
Sulla falsa riga di “Postuma”, sempre sotto lo pseudonimo di Lorenzo Stecchetti, nel 1878 diede alle stampe altri due volumetti, “Polemica” e “Nova polemica”, i cui versi viaggiavano sul medesimo registro provocatorio del precedente lavoro, densi di denuncia e di satira del conformismo morale, religioso, sociale.
Dopo avere curato l’edizione dei “Versi di Guido Peppi poeta forlivese del sec. XV” , nel 1879 pubblicò l’ampia monografia “La vita e le opere di Giulio Cesare Croce”, l'autore del “Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno”).
A quattro mani con Corrado Ricci, che lavorò sotto la sua direzione nella Biblioteca Universitaria di Bologna, dopo il volume “Studi e polemiche dantesche” (1880), nel 1882 pubblicò “Giobbe, serena concezione di Mario Balossardi”, poemetto giocoso in quattro canti, in polemica con Mario Rapisardi, autore del poemetto omonimo del quale l’opera firmata Guerrini-Ricci vuole essere una spiritosa parodia.
Alla maniera di quanto avrebbe fatto qualche anno dopo Ferdinando Pessoa in Portogallo, oltre a quello di Lorenzo Stecchetti, Guerrini si servì di altri eteronimi e inventò molteplici maschere per firmare molte delle sue composizioni: Argìa Sbolenfi, Marco Balossardi, Giovanni Dareni, Pulinera, Bepi e altri ancora.
Nel 1889 fu eletto membro del consiglio provinciale scolastico di Bologna ma solo due anni dopo diede le dimissioni per ritirarsi a vita privata. Firmando con lo pseudonimo Mercutio, scelse di dedicarsi all’impegno giornalistico, pubblicando sia su testate nazionali sia su fogli, per lo più satirici, a distribuzione locale.
Al 1897 risalgono le “Rime” di Argia Sbolenfi, pseudonimo ricavato dal nome della sedicente figlia di un personaggio bolognese, con il quale Guerrini aveva deciso di firmare le sue cose peggiori. Fu per un sonetto ("Parla il pastore") scritto con questo eteronimo che nel 1898 gli fu intentata una causa per diffamazione dall'allora vescovo di Faenza, monsignor Giovacchino Cantagalli. Dopo una condanna in primo grado al pagamento di una multa di 250 lire, Guerrini ricorse in appello e fu assolto.
Nel 1908, infine, con un nuovo pseudonimo, Pio X (il papa!) Guerrini firmò l’ultimo lavoro, “Le ciacole di Bepi”, scritte in dialetto veneto.
Nel corso della sua vita Guerrini utilizzò anche il dialetto romagnolo, raggiungendo una notevole efficacia nel descrivere la psicologia dei suoi conterranei. Ne sono prova i “Sonetti Romagnoli”, pubblicati postumi nel 1920 dal figlio Guido.
Oltre alla scrittura, specie in versi, altre due grandi passioni che attraversarono la vita di Guerrini furono la fotografia e la bicicletta, due passioni che in quegli anni erano sinonimo di modernità.
Ottimo fotografo dilettante, tra i soggetti che preferiva vi erano senza dubbio le donnine per la strada, anche se si dilettò con la ritrattistica, immortalando in pose sarcastiche parenti e amici, e spesso anche sé stesso. Per questa sua grande attenzione nei confronti di quella che stava diventando una nuova arte, Guerrini fu chiamato a ricoprire la carica di primo presidente del Circolo Fotografico Bolognese, fondato nel 1896.
La passione per la bici lo portò a essere capoconsole del Touring Club Italiano che, all’epoca, si chiamava Touring Club Ciclistico Italiano e a comporre una raccolta di scritti dall’eloquente titolo “In bicicletta. Scritti vari di argomento ciclistico”.
Uomo dai molteplici interessi, Guerrini fu anche grande appassionato di cucina. Scrisse sul tema diverse opere e intrattenne una fitta corrispondenza con Pellegrino Artusi, romagnolo di Forlimpopoli, emigrato a Firenze, padre della cucina italiana. In particolare, negli ultimi anni di vita lavorò a una raccolta di ricette sulla cucina povera, uscita postuma nel 1918, dal titolo “L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa”.
Scoppiata la Grande guerra ma essendo troppo in là con gli anni per prendervi parte, offrì il proprio servizio ove occorresse. Per questo il 28 novembre 1914 si dovette trasferire a Genova, dove era stato chiamato come bibliotecario. Ammalatosi di tumore alla gola, nel 1915 fece ritorno a Bologna dove si spense il 21 ottobre 1916.
Marco Viroli
venerdì 18 novembre 2016