Il 28 maggio 1706 veniva inaugurata la cupola del Cignani
“Piccola Cappella Sistina forlivese” (tratto dal libro “Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna” di Marco Viroli e Gabriele Zelli)
Tradizionalmente il 28 maggio si ricorda l’anniversario della morte di Caterina Sforza, avvenuta nel 1509 a Firenze. Ma per Forlì il 28 maggio è importante anche per un altro motivo legato all’arte e alla religione. In quel giorno, nel lontano 1706, venne ufficialmente inaugurata la splendida cupola della Cappella della Madonna del Fuoco, affrescata dal celebre pittore bolognese Carlo Cignani.
Tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo, di enorme rilevanza fu la presenza a Forlì del pittore bolognese Carlo Cignani (1628-1719), probabilmente il più stimato artista del suo tempo, personalità di eccezionale prestigio in Italia e in Europa. Uomo di portamento aristocratico seppure modesto e disponibile, il Cignani sposò Isabella Tombi che gli diede ben diciotto figli, tra cui Carlo e Felice che divennero anch’essi pittori di una certa fama.
Dopo aver dipinto l’Aurora, su commissione della famiglia Albicini, a partire dal 1683 Cignani portò a termine a Forlì il suo capolavoro più importante, la decorazione della cupola della Cappella della Madonna del Fuoco nel Duomo di Forlì con la grandiosa rappresentazione dell’Assunzione della Vergine.
Ricca di marmi e dipinti, la Cappella della Madonna del Fuoco fu realizzata tra il 1619 e il 1636 nella navata sinistra della Cattedrale di Santa Croce su progetto dell’architetto faentino Domenico Paganelli. Al centro vi troneggia la quattrocentesca immagine della protettrice di Forlì, salvatasi dalle fiamme che, il 4 febbraio 1428, distrussero completamente la casa del maestro Lombardino.
Le difficoltà sorsero quando si decise di decorare la cupola che presentava una forma piuttosto anomala, caratterizzata da otto profondi spicchi e altrettante finestre, preceduta da un alto tamburo e sormontata dalla lanterna. Questo tipo di struttura non permetteva un’adeguata decorazione pittorica, ritenuta di grande importanza nell’epoca barocca. Per questo quattro delle otto finestre della cupola e la lanterna furono murate. Dopo alcuni tentativi non fortunati, tra cui si ricorda quello di Guido Cagnacci, il Caravaggio romagnolo, e il successivo a opera del lombardo Angelo Michele Colonna, i forlivesi decisero di rivolgersi a Carlo Cignani, il quale, dopo aver accettato la commissione, essendo impegnato a Parma presso i Farnese, attese alcuni anni prima di trasferirsi a Forlì. Per circa un ventennio, tra il 1686 e il 1706, Cignani si dedicò alla decorazione della cupola, realizzando magistralmente a tempera l’Assunzione della Vergine in cielo.
Per rappresentare le figure in modo che potessero essere viste dal basso in maniera realistica, l’artista bolognese si servì dell’anamorfosi, in altre parole dell’illusione ottica per cui un’immagine è riprodotta sul piano in modo distorto, rendendo il soggetto originale riconoscibile solamente guardandolo da una posizione ben precisa. Oltre al racconto delle difficoltà che dovette incontrare nel corso del lavoro, lo stesso Cignani lasciò poi indicazioni riguardo all’interpretazione della complicata folla di figure che aveva rappresentato. In maniera sintetica, diremo che alzando gli occhi alla cupola si possono ammirare fasce concentriche di angeli, santi e teste di angioletti che accompagnano lo sguardo fino alla Santissima Trinità, collocata su di un trono di nuvole, immerse in un cielo giallo oro, raffigurante l’espandersi dell’amore divino. Il Padre e il Figlio recano in mano una corona di dodici stelle da donare alla Madonna, la quale, a braccia distese, vestita di bianco con un manto azzurro e sorretta da angeli, contempla la Trinità verso la quale sta ascendendo. Tra le tante figure presenti nella fascia inferiore della cupola e rappresentanti i maggiori personaggi della storia della Salvezza, partendo dalla destra di Maria, sono riconoscibili: San Giuseppe che porta una corona di gigli a rappresentare la purezza della Vergine; Giovanni Battista con un angelo ai piedi recante l’iscrizione “ECCE AGNUS DEI”; il protomartire Santo Stefano che offre una corona di palma, simbolo del martirio, vestito con i paramenti liturgici e un sasso in mano; alcune “pie donne”; i difensori della Chiesa, ovvero l’arcangelo Michele, con in mano una lancia e in testa una corona di fuoco, e San Giorgio, con la spada; Eva, il figlio buono Abele e Adamo; Abramo che abbraccia Isacco, scampato al sacrificio; Mosè con le tavole dell’Antica Alleanza; Davide, incoronato e vestito da guerriero, che con una mano porge una corona d’alloro mentre con l’altra regge il libro dei Salmi; Melchisedech, figura emblematica e misteriosa nell’Antico Testamento, che offre una corona fatta di spighe di grano e uva, evidente allusione al sacramento dell’Eucarestia.
Con l’affresco della Cupola della Madonna del Fuoco Carlo Cignani affidava la sua fama ai posteri. Per poter ammirare il suo capolavoro per l’eternità, il pittore bolognese lasciò precise disposizioni che dopo la morte, sopraggiunta nel 1719, dovesse essere sepolto nella cappella, a destra, sotto l’arco di sostegno della cupola.
Marco Viroli
venerdì 19 maggio 2017