Tre domande a Mons. Livio Corazza
Mons. Livio Corazza è stato nominato vescovo di Forlì-Bertinoro il 23 gennaio 2018 ed ha fatto l’ingresso in diocesi il 22 aprile dello stesso anno. Attualmente è vescovo delegato della Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna per il Servizio della carità e per la Pastorale della salute. Gli abbiamo rivolto alcune domande per conoscere meglio le esperienze, le attese e le problematiche della comunità cristiana in questo momento.
Eccellenza, come descriverebbe il momento attuale della Chiesa di Forlì? Ci sono sfide particolari che la diocesi sta affrontando?
Da alcuni anni, anche la nostra Chiesa sta vivendo un cambiamento d’epoca non indifferente. Condivide questo passaggio con tante Chiese e tanta parte di società civile. Come rispondiamo a questo cambiamento? Prima di tutto non dobbiamo spaventarci, ma reagire con fiducia. Il Signore è con noi! L’immagine più adatta, dal punto di vista biblico è l’Esodo, la liberazione dalla schiavitù d’Egitto e l’inizio della marcia verso la terra promessa. Quindi occorre scegliere cosa conservare e cosa lasciare, distinguere bene fra che ciò che è essenziale e ciò che non lo è. Il cammino del Sinodo, da questo punto di vista, ci ha molto aiutato, individuando tre ambiti prioritari della pastorale: l’annuncio del Vangelo, con l’urgenza del confronto con i grandi temi culturali del nostro tempo; la formazione, a cominciare dalla conoscenza della Parola e il rinnovamento dell’iniziazione cristiana; la corresponsabilità, sia nella guida delle comunità che nella gestione delle strutture. Le sfide della Chiesa di Forlì sono almeno tre: il calo dei sacerdoti, la riorganizzazione delle parrocchie e la formazione permanente a tutti i livelli. Ma il vero problema non è essere poco numerosi, ma essere poco significativi, diventare un sale che non ha e non dà più il sapore del Vangelo.
Il Giubileo è un’occasione speciale di grazia per tutti. Qual’è significato per la Chiesa di Forlì e per i suoi abitanti?
Ogni Giubileo porta una sua caratteristica. Papa Francesco ha proposto a tutti di essere “pellegrini di speranza” con tre caratteristiche: lasciarci guidare dal Vangelo, consapevoli che è lo Spirito di Cristo che ci guida; camminare insieme, condividendo preoccupazioni, speranze e obiettivi; uniti ma non chiusi, a servizio del bene comune, con un’attenzione preferenziale verso i più poveri. Lo scopo non è costruire la Chiesa, ma una umanità più fraterna, in questo mondo sfiduciato. Per tutti.
Ha recentemente iniziato la sua prima visita pastorale in diocesi. Che cosa ha scoperto di bello negli incontri che ha vissuto finora?
Ho scoperto una vivacità ed una voglia di stare insieme che spesso sorprende. Come brace sotto la cenere: se qualcuno soffia riattiva fede, speranza e carità che sembravano spente. Ho la gioia di incontrare comunità che si rivelano realtà vive, attive, con presenza anche giovanile. Tuttavia, talvolta sono piccole comunità, non sempre in grado di tenere aperte tutte le iniziative e le strutture di un tempo. Il calo demografico e di partecipazione hanno inciso fortemente. Occorre rinnovarci e adeguarci, avere il coraggio, mantenendo l’essenziale, di adattarsi ai tempi. Il Signore, che fa cose nuove e fa nuove le cose che già ha fatto, ci sta guidando e incoraggiando.
Emanuele Bandini
venerdì 11 aprile 2025