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Senza fronzoli: grazie, Lionel.

Rapido viaggio tra vita, avversità e successi del 10 che incide il proprio nome nella leggenda

Senza fronzoli: grazie, Lionel.

 

A Lionel Andrés Messi Cuccittini.

 

A partire dal primo tempo supplementare, la mia posa rispetto al televisore è stata fissa e diritta, con il cuore fibrillante, lo stomaco sottosopra e l’espressione crucciata di chi deve approcciare un fioretto, quasi ad inseguire il rito auto-avverante che avrebbe portato proprio qui, dove stazioniamo ora.

Perché oggi, Lionel, sei Campione del Mondo per la prima volta nella vita, dopo un match asfissiante quanto romantico che si piazza al primo posto tra le finali Mondiali più avvincenti. Ci pensi? Tu, la gente del pallone e nessun altro. Oggi non esistono chiacchiericci, nemmeno gli sciocchi paragoni o malelingue distruttive: c’è solo un ragazzo, divenuto uomo e tornato bambino in poco più di 120 minuti, che corrispondono alla durata del sogno più dolce e sofferente -al contempo- partoribile da un individuo in quel frangente.

Ora però, Andrés, guardati alle spalle. Lo meriti. C’è tuo padre, Jorge Horacio, che ha il pregio di averti portato alla luce insieme a Celia María, la madre che nel post-partita ti è corsa addosso sferrando il più commovente tra gli abbracci diffusi dalle tv internazionali. María, che di cognome fa Cuccittini, ha fatto tanto per te, ma di questo ne sei ben consapevole. Ha prestato, per tanti anni, servizio presso abitazioni di terzi, aiutando uomini e donne con le pulizie quotidiane e provvedendo al tuo miglior futuro; che, diciamocelo, non pare seguire alcuno standard roseo.

Fin da bambino, infatti, soffri di un’importante insufficienza ormonale che proprio non vuole lasciarti sereno, nemmeno e soprattutto quando, da tesserato dei Newell's Old Boys, rischi quasi l’eclatante chiamata da parte dei biancorossi del River, illusi dal sogno di ingaggiarti ma restii all’idea di provvedere al pagamento dei farmaci per la tua carenza di somatotropina. È qui che la malattia pressa, in maniera asfissiante e confusionale. Ti tarpa le ali, o almeno ci prova. Non conosce il tuo destino, quella lì, quindi insiste invano e soffre più di te.

Perché appena 13enne vieni ingaggiato dal Barcellona dei fenomeni e sbarchi in terra catalana, ove conquisti amore, comprensione e disciplina. Ah, non meno importante: dove finalmente le tue cure ottengono un sostentamento necessario, che ripagherai con enormi interessi, a tratti esagerando.

Dico sul serio, perché a partire dal 17 ottobre del 2004 -coincidente con l'esordio in prima squadra contro l’Espanyol- la tua storia sceglie di optare per la più rapida tra le tangenziali percorribili, che portano dirette all'Olimpo del Calcio. Segnerai 812 reti in 1046 apparizioni, vincendo ben 35 trofei con i club, 7 Palloni d’Oro, 1 Campionato del Mondo U20, 1 Oro Olimpico, 1 Copa America e -diciamolo insieme- il tuo primo, vero titolo Mondiale in Qatar; il 18 dicembre del 2022, d’inverno, 38 anni dopo l’ultima alzata del Pibe de Oro, a Messico ‘86.

Chi lo avrebbe mai detto? Forse Dio, o magari no. Probabilmente, anche lui avrebbe scelto di far parlare il campo in favore del turbinio di emozioni più puro e disinteressato dell’ultimo quarantennio.

Oltre i paragoni, in favore dei miracoli. Di chi li sa compiere, di chi ne regala senza pretesa alcuna.

Perché nulla ha valore se scardinato dalle lacrime.

E Lionel, credimi: stavolta ci hai fatto piangere a dirotto.

 

Sempre sia lodato il Fútbol.


Mattia Siboni

lunedì 19 dicembre 2022

ARGOMENTI:     argentina calcio messi