I ragazzi del 18 gennaio
Pedro Rodríguez era un messicano atipico.
Preciso, attento. Anzi… per certi versi… nel mettersi al volante di una vettura da corsa, del messicano chiassoso e ciarliero non aveva proprio nulla. Pedro era preciso. Preciso e metodico, in possesso di una guida coraggiosa e sapiente.
Nessuno come lui sapeva domare il dodici cilindri della Porsche 917 e col bagnato non ce n’era per nessuno. Vederlo passare a Eau Rouge sotto una pioggia battente con la biposto di Stoccarda faceva letteralmente accapponare la pelle a chiunque. A ogni giro Pedro lambiva i cordoli sempre nello stesso punto. Quei due titoli mondiali che la Porsche conquista nel ’70 e ’71 dicono tanto di lui, insieme a quella Le Mans vinta in mezzo al trambusto del ’68 disputatasi a settembre dopo la lunga coda estiva del maggio francese. Wyer gli aveva messo tra le mani una Ford Gt 40 MkI, solo in apparenza molto vecchia e molto pesante. Tutto il contrario. Alleggerita nel telaio quella macchina è solo in attesa di un conducente che la porti finalmente al successo, come avvenne quell’anno il pomeriggio del 29 settembre. Tutte cose racchiuse dentro un anello, perso da Pedro in un aeroporto statunitense. Un caro ricordo del fratello Ricardo, prematuramente scomparso durante la prima edizione del Gran Premio del Messico. Ricardo e i suoi vent’anni nel ’62. Volati via come un respiro troppo lieve per essere trattenuto. Pedro di quell’anello ha fatto fare un copia ma non è la stessa cosa. Rodríguez non si sente affatto tranquillo. Ai giornalisti lo confida più di una volta. Senza più quel suo personale talismano ha perso fiducia, e quella protezione per cui sentirsi invulnerabile. Aperto al richiamo di quel fratello che lo reclama al suo fianco come nei giorni delle loro sfide in bicicletta. Succede tutto al Norisring l’11 luglio del ’71, pochi mesi dopo aver perso quel prezioso e metafisico gioiello. Le fiamme di un inferno terreno portano Pedro in paradiso al fianco di Ricardo.
Vega é quel resto di un cognome da corsa che in cielo brilla sempre un po’ di più delle altre stelle.
Per quei due fratelli, così amanti. Solo del puro rischio in corsa.
Per Gavin invece, le corse erano fonte di piacere. Nient’altro. Un piacere figlio di un eclettismo innato, in grado di armonizzare la terra di un rally con l’asfalto di un Gran Premio o di una gara di durata. Tutte cose che il ramo di un albero ha letteralmente spezzato indebolendogli la vista dopo un incidente, durante lo svolgimento di una prova speciale in Francia. Solo rendersi conto di come i propri riflessi non siano più quelli di prima ma di un’altra persona. Rallentati nel fisico e nell’anima.
No, il piacere delle corse non era più lo stesso.
Eppure a questo pilota di Grenoble ( la stessa città di Arnoux) si legano aneddoti e frangenti che ne raccontano apertamente la classe innata e un prodigioso senso di adattamento al mezzo da condurre al limite fuori dal comune. Sempre durante quello stesso ’68 , Gavin sui tornanti del Principato è chiamato a sostituire Jackie Stewart infortunatosi a un polso. Prima fila e testa della gara fin da subito. Appena tre giri, prima di schiantarsi come Bandini all’uscita della veloce chicane del Porto rimanendo (fortunatamente) a differenza del pilota ferrarista totalmente illeso. Tre giri. Più che sufficienti per far credere a Ken Tyrrell di avere per le mani un altro grande campione da affiancare prima a poi allo “scozzese volante”. Ancora oggi nel Circus, l’unico punto iridato conquistato da una vettura a quattro ruote motrici nella storia della Formula 1 porta la sua firma, dopo quel sesto posto ottenuto nel ’69 in Canada alla guida della Matra MS84. Cose uniche. Come quel suo modo altrettanto unico nell’ annunciare il proprio ritiro dal mondo delle corse un anno dopo, nel bel mezzo dello svolgimento di un party a bordo del suo yacht ancorato nella rada monegasca. Non era riuscito a qualificarsi per la gara di domenica.
Basta così.
Tutto colpa di un ramo e un mondo all’alba di quegli anni ’70 già in attesa di una nuova generazione di piloti.
Qualcosa che a Gilles poteva interessare il giusto, se non affatto. Punti di vista, certamente. Sulla cui poesia c’è poco da domandarsi e molto da decantare, dopo ogni curva percorsa dal piccolo “Aviatore” canadese. Una poesia in grado di farsi raccontare oltre le epoche e gli spazi della memoria per arrivare fino a noi intatta. Nei suoi ricordi pieni di pura emozione.
Rodríguez, Gavin, Gilles.
Nati il 18 gennaio.
I ragazzi di un giorno. Davvero speciale.
Foto Fabio Casadei
Emiliano Tozzi
mercoledì 18 gennaio 2023