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Hamilton e quel giorno per Hawthorn

Hamilton e quel giorno per Hawthorn

Eh, insomma.

Liturgia rispettata, con tutti i crismi del caso. Televisioni spianate a documentare la storia (e la storia) del ritorno di un pilota britannico al volante della Rossa. Non succedeva dai tempi di Irvine, per rimanere al Regno Unito di Sua Maestà e da oltre trent’anni, stringendo il cerchio geografico alla sola Inghilterra (salvo l’estemporanea partecipazione di Bearman a Jedda) e l’epoca del “Leone” Mansell, compagno di squadra di Alain Prost.

Una vetrina Rossa, ovviamente carica di aspettative vincenti per un futuro ancora tutto da scrivere. Poi per la storia (quella vera) servono i risultati e gli auspici in grado di diventare autentiche vittorie. Un po’ come fu per Napoleone, che a un generale capace ne preferiva uno fortunato. E allora, rimanendo alla nuda cronaca dei fatti, il calore del popolo ferrarista (anche questo nel pieno rispetto della liturgia, di chi fino al giorno prima veniva sonoramente fischiato e ora è osannato come la reincarnazione vegana in terra di Visnù Budda e Maometto nella stessa persona…) si è certamente fatto sentire, promettendo amore eterno a una promessa di vittoria, fatta di sette iridi e 105 vittorie. Poche fotte. Hamilton è venuto a Maranello per tentare l’ottavo(a), questo lo hanno capito anche i sassi. Ciò che invece, sempre i sassi non hanno compreso (e temo non solo loro) è che al momento manca la vera protagonista assoluta per raggiungere simile obbiettivo: la macchina 2025. E servirà ancora un mese scarso anche solo per intuirne le forme e quali promesse legate al matrimonio col Re Nero, la nuova monoposto di Maranello possa mantenere.

Insomma, tutto bello, bellissimo. In un afflato di umana fratellanza Rossa. Ma la sostanza è ancora tutta da scrivere, ammesso anche, che, se Angela Cullen (ricordate? Lo scrivevamo già un anno fa: https://www.diogene.news/Sinfonia-Motore/4037/avvertite-l-angelo-biondo-.html) abbia deciso di tornare a lavorare al fianco del pilota di Stevenage, la cosa non sia seria ma serissima.

Per ora accontentiamoci e restiamo in vigile attesa, aspettando che la storia di Hamilton in Rosso trovi il suo pieno svolgimento, ammesso il caso possa concederci, in termine di date e ricorrenze una casualità prettamente cabalistica.

È il 22 gennaio, quando Lewis si cala per la prima volta all’interno dell’abitacolo di una Ferrari di F1, sul circuito di Fiorano.

Era il 22 gennaio del ‘59, quando a soli 30 anni Mike Hawthorn scompare in un incidente stradale alla guida della sua Jaguar sulle strade di Guilford. Fu il primo britannico a diventare campione del mondo in F1 e a conquistare un’iride nel Circus con la Ferrari.

Hamilton e quel giorno per Hawthorn.

Quando nulla avviene per caso. Tra le vie dei Campioni a Maranello.

Foto Catia Solaroli


Emiliano Tozzi

giovedì 23 gennaio 2025

ARGOMENTI:     automobilismo ferrari hamilton sport