Binotto e Ferrari
Fine di un' era
La caduta degli Dei.
La fine di un tempo e di un’era. Negli uomini che la rappresentano con le loro fattezze. Binotto che lascia volontariamente la Ferrari, consegnando al silenzio dell’incertezza la fine del suo tempo a Maranello. Il commiato del (presunto) condottiero. Il capolinea definitivo dell’era Schumacher e di quegli uomini che avevano compiuto l’impresa di cinque mondiali piloti consecutivi. I motivi? Forse sempre i soliti. O forse quell’implicito distacco tra progresso e natura umana. Incapace di descrivere i motivi del proprio fallimento. Come Antonio Perrone illustra chiaramente nelle parole che seguono.
“Tra le persone e i loro comportamenti, rimane una sostanziale distanza. Il comportamento che Binotto ha tenuto in questa sua ultima stagione ferrarista lo ha condotto a questo epilogo e consegnato a un congedo in un certo senso già scritto. Qualcosa che ha a che vedere con la percezione che si ha di se stessi rispetto alla realtà del mondo circostante, specie se ritieni di avere il pieno controllo di un determinato e preciso ambito. In realtà come le sue dimissioni raccontano, i fatti dimostrano tutt’altro.
Di per sé l’essere umano non può essere gestito come fosse una “macchina”. Sarebbe una pretesa utopica che distacca l’uomo dalla sua più profonda natura, da quel vivi o muori che regola ogni creatura vivente di questo pianeta. Se le cose, le persone, smettono di crescere, iniziano a morire. Con ogni probabilità indossare la divisa Ferrari in certi ambiti e a certi livelli, può portare a non considerare adeguatamente l’autorevolezza dei propri subalterni, sia in termini di competenze tecniche che di rapporti umani. In tal senso come abbiamo già precedente enunciato: c’è mai stato un rapporto tra Binotto e Leclerc e prima ancora, c’è mai stato un rapporto tra Binotto e Vettel ? Il rapporto che Binotto abbia avuto con la sua personale illusione lo ha portato verso i risultati che voleva raggiungere? In sostanza, una divisa non fa l’uomo. Nel frattempo il mondo cambia. E non aspetta certamente nessuno.”
Quindi su questi presupposti, ci attende un 2023 oserei dire…fumoso.
“Ne sono convinto. A meno che non avvenga quel profondo lavoro d’introspezione che riporti le persone a radicarsi a terra, coi piedi ben saldi sul terreno, creando nel team quella comunità di necessaria e piena cooperazione, in cui ognuno possa esprimere se stesso senza condizionamento alcuno. Vietato pensare che gli altri non contino nulla, in nome della prestabilita gerarchia.
L’uscita di Binotto è anche la fine di un modello culturale che riguarda nei fatti l’ultimo esponente in pista dell’era Schumacher. Una catena spezzata che condanna Leclerc alla vittoria a prescindere…
“Dipende dalla spinta “quantica” che Charles sarà disposto a mettere in campo. Non sarà affatto semplice.”
E Sainz?
“Vale la pena ( per le ragioni di cui stiamo parlando) metterlo in un angolo così prima del tempo? È già successo con Vettel, uno che aveva vinto 4 mondiali. Non dimentichiamolo.”
“Più facile che la Ferrari l’anno prossimo faccia risultato a Le Mans?”
“Assolutamente sì.”
Da Perrone è tutto.
Nel giorno dell’annuncio di Vasseur in Ferrari.
A voi studio.
Foto fabio Casadei
Emiliano Tozzi
martedì 13 dicembre 2022