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Bop: un gigante dai piedi di argilla

Bop: un gigante dai piedi di argilla

Se mai ve ne fosse stato bisogno, la recente 6 Ore di San Paolo del Campionato del Mondo Wec, ha fugato ogni possibile dubbio.

Su cosa? Sulla valenza del Bop (Balance Of Performance).

Morale? Può darsi.

Ma certamente fisica. Perché uno strumento rimane tale nella sua natura. Come sempre, resta l’uso che se ne compie a determinarne nel bene (e nel male) le possibili conseguenze. A Interlagos lo ha capito molto bene la Ferrari, trovandosi una 499 in deciso affanno rispetto alla concorrenza dopo la mirabolante vittoria ottenuta a Le Mans. Ma tutto questo non è certamente una novità. Né per il Cavallino,né per altri competitor in quanto tali, rivali sportivi di Maranello. Basterebbe ricordare l’apertura di campionato in Qatar, con Toyota e ancora Ferrari, lontani spettri vincenti di quanto avvenuto la stagione precedente, appunto in nome di un “equilibratore della prestazione” assolutamente fallace o (quantomeno) usato in maniera del tutto impropria.

Quindi? Già.

Quindi pare evidente (ecco perché il senso “morale” che il Bop acquisisce in questo frangente sportivo rimane a questo punto notevole) che uno strumento sostanzialmente tecnico, venga avvertito come un’iniqua gogna, capace di falsare prima ancora del via il risultato che la pista potrebbe liberamente esprimere.

Di per sé nel mondo delle gare di durata, sono sempre esistiti elementi che cercassero un possibile equilibrio tecnico tra macchine dalla natura tecnica profondamente diversa. Non da ieri e non da oggi. Solo che. Solo che l’ignaro spettatore tutto questo nemmeno può supporlo. Può solo involontariamente subirlo, fino a essere testimone involontario di un campionato la cui comprensione può rivelarsi se non incerta, quantomeno nebulosa.

Da strumento di equilibrio a elemento premeditato di gestione di una stagione?

Certamente possibile, anche se (almeno a noi comuni mortali) difficilmente dimostrabile, tenendo a mente l’incipit iniziale. Uno strumento in quanto tale, rispetto a un mondo delle gare iridate del Wec che sta cambiando pelle tanto, troppo in fretta.

Piccola considerazione a latere.

Da quando è stata introdotta la nuova categoria “Hypercar” (2021) siamo passati da tre costruttori e cinque vetture in pista, a 10 costruttori e 20 vetture presenti nella medesima categoria, mentre già si paventa un ulteriore allargamento del parco vetture (vedi Aston, McLaren e forse Honda col marchio Acura) per il 2025. Numeri che a ben guardare sottolineano un aumento esponenziale d’interesse per la categoria da parte delle case automobilistiche. A fronte di un ritorno d’immagine globale decisamente sempre più rilevante e in virtù d’investimenti infinitamente minori di quanto richiesto per entrare nel dorato mondo della Formula 1. Culmine di una realtà delle competizioni che fino a poco tempo fa sembrava essere diventato una casa di riposo per Cavalieri Templari in pensione. Inevitabilmente il Bop, (con un numero crescente di vetture nella categoria) si rivelerà essere sempre più uno strumento con una rilevanza non solo tecnica. Consapevoli, come da sempre, la politica è parte stessa delle mondo delle competizioni.

A qualsiasi livello.

A questo punto il rischio concreto è che il Wec nel volgere di breve tempo, diventi un gigante potente e inarrestabile dai piedi d’argilla. Forse Coletta, esternando le proprie perplessità nel dopogara brasiliano si è accorto di come qualcosa non stia andando proprio per il verso giusto.

Forse.

Non solo per la Ferrari.

Ma per l’intera realtà delle gare Endurance.

 

Foto Fabio Casadei


Emiliano Tozzi

mercoledì 17 luglio 2024